sabato 26 luglio 2014

Palazzo Licci, perla segreta di Ruffano

Entriamo nell'edificio nobilare varcando un antico portone sopra il quale si regge la miracolosa bifora che è l'emblema distintivo di Palazzo Licci: più tardi la vedremo da vicino, ora dobbiamo attraversare il bellissimo cortile (3 punti) adorno di un'elegante loggia, salire le scale e, una volta varcata la porta del piano nobile, salutare Pina Palumbo, la bionda padrona di casa che ci accoglie con garbo e disponibilità (1 punto per noi) guidandoci in un rapido giro nello splendido palazzo (5 punti), edificato nel 1700 dai Guarini. Quest'ultima è probabilmente la più antica e nobile famiglia dei Paduli dato che i suoi componenti, arrivati nel Salento nell'anno Mille, furono duchi sia di Poggiardo che di Scorrano: il loro albero genealogico si trova ancora appeso alle pareti di quella specie di casa-museo che Pina ci illustra. 

Partiamo dalla cappella privata, nella quale si celebrava messa ancora fino a pochi anni fa, per passare ad una fuga di stanze dai pavimenti piastrellati con maioliche di scuola napoletana, le pareti ricoperte di carta da parati e le volte affrescate con coloratissimi dipinti di soggetto mitologico: e mentre ninfe e fauni si rincorrono in alto, in basso i salotti sembrano essere stati lasciati così com’erano due secoli fa, compresi questi strani recipienti smaltati con un buco al centro. “Erano sputacchiere, all’epoca era considerato normale usarle” sorride la padrona di casa, aprendo la finestra sul balcone. 

Tutti i Micco, insieme a Pina e a Nicola, si riversano fuori per ammirare da vicino la miracolosa bifora che da trecento anni sta lì, sospesa a mezz’aria con l’aria più naturale del mondo. 
 
La stessa naturalissima aria, di fatto, con la quale Monica si distende sulla panchina di pietra posta sul balcone. “Fammi una foto qui, e chi se lo scorda?”.

Intanto Graziano preferisce sfruttare lo spettacolare balcone per scattare foto panoramiche sulla piazza di Ruffano, accarezzata dal sole che comincia a declinare. Danilo apprezza meno l'altitudine: “scusate ma soffro di vertigini” spiega, ritornando nel palazzo in punta di piedi.

Rientrano tutti e Serena, Chiara e Cesà si intrattengono a parlare con la matrona di casa Licci, e con la sua badante, una rumena dai capelli rosso fuoco (2 punti). 

Andate in giardino, è da non perdere” dice lei. 
I Micco esitano: il tempo è corso veloce e l’orario dell’appuntamento con i Macco è quasi arrivato. 
E vabbè, pazienza se perderemo punti… ne sarà valsa la pena” concordano. 

E così tutti e sei si ritrovano nel grande spazio che si trova alle spalle del palazzo (3 punti): piante fiorite e statue ornamentali popolano il giardino, che è diviso in due da un “coffee house” cioè un locale aperto ma coperto, dove veniva servito il thé o il caffè. 

Il giardino di Palazzo Licci è bellissimo è molto curato: tutti ricoprono di complimenti Pina, la padrona di casa, anche pensando alle difficoltà che comporta la manutenzione di un edificio così grande e la sua grande estensione verde, che si ritrova proprio nel centro della cittadina del basso Salento. 

Complimenti a parte, il giardino è anche il luogo privilegiato per le foto: ed è proprio qui che Serena, Graziano e Danilo sperimentano (senza averlo programmato) un vero e proprio multiselfie che riprende i tre da diverse angolature.



Ma il pezzo forte di Palazzo Licci è un altro: il belvedere monumentale che sorge in fondo al giardino. Un nuovo balcone sui Paduli, l'ultimo, sul quale i Micco si arrampicano grazie a una stretta scala per riempirsi gli occhi di sole, ulivi, statue, vicoli e panorami. 
 
Che meraviglia” rimarca Serena, racchiudendo le impressioni di tutti in una sola parola. Ma il tempo è – davvero – tiranno. I Micco hanno già ritardato fin troppo rispetto all'orario fissato per l'appuntamento con i Macco: per tornare al loro tour completo, visto anche che è arrivato il momento di tirare le somme, si può cliccare qui.



1 commento:

  1. Questo meraviglioso palazzo , storicamente, deve essere ricordato in quanto Palazzo Villani- Licci.

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