domenica 30 marzo 2014

Macco, un moro, il ricordo delle mura e Muro.


Squadra: "Macco"

Narratore: Rocco.


E può anche capitare che dieci sgangherate ma meravigliose teste o, se preferite, venti intrepidi piedi si ritrovino intorno ad un Moro; chissà, forse non è neppure un Moro pur recandone le sembianze ma a Micco e Macco piace pensarlo così, ché loro sono per la bellezza della diversità. 
Un abbraccio, un saluto, un incitamento reciproco, una specie di rituale prima della battaglia, un gesto goliardico che riassume degnamente lo spirito di Chiccèccè.

Chiccèccè e la sua allegra compagnia tornano a raccontare di una terra e dei suoi luoghi, della sua storia e delle sue storie, delle persone che la animano e che ne sono l'anima vera.
Chiccèccè, di nuovo. Un Moro, o presunto tale, ed il ricordo delle antiche mura che -forse- egli stesso contribuì ad erigere in questo delizioso angolo di Salento che è Muro Leccese: un paese di poco più di cinquemila abitanti situato nella parte centro-meridionale della penisola salentina, proteso verso quell'Est che da queste parti è sempre di scena. E' una terra fantastica il Salento, un luogo dello spirito in cui si fondono storie e tradizioni composite provenienti dagli angoli più disparati e dove, soprattutto, c'è sempre spazio e tempo per (ri)conoscere la bellezza, quella vera, e concedersi a lei senza remore.
 

Micco e Macco, una nuova avventura e l'impazienza di perdersi nei rivoli di una storia che corre senza sfinirsi. La centralissima Piazza del Popolo: uno scrigno dalla forma oblunga che chiude in sé parte dei tesori di Muro: la Chiesa matrice dedicata alla Santissima Annunziata, la Chiesa dell'Immacolata ed il Palazzo del Principe. Che, poi, a ben vedere, uno s'accorge subito che Muro Leccese non è propriamente un borgo rurale ed afono, anzi… uno dei gioielli del barocco leccese ed uno dei Palazzi nobiliari più belli ed imponenti di tutta la provincia fanno di questo piccolo paese un sicuro centro d'interesse artistico e storico-culturale.
Macco conta già le prime defezioni: Gabriella, portentoso centravanti di sfondamento, tornata sui molli declivi marchigiani a pregustare successive e sempre più avvincenti tappe e Silvio, mago delle immagini, costretto a letto dalle esuberanze alimentari alle quali, ogni tanto, anche lui soccombe; pronti, però, i nuovi compagni di squadra: Andrea e Federica, Giuseppe e Francesca S. che, con chi scrive e con Francesca C., anche stavolta sapranno contendere agli amici di Micco lo scettro della gara.

La giornata, sin dagli esordi, non promette granché bene: un fastidioso vento di scirocco ed un cielo plumbeo ed ebbro di umidità sono i protagonisti silenti ma ingombranti di una domenica pomeriggio di fine marzo. La primavera sembra essersi ritirata proprio in quelle segrete stanze del Principe che, mute e cariche di storia e leggenda, sovrastano le due squadre dall'alto dell'aristocratica mole del Palazzo che domina la piazza.
Arrivare al proscenio da un dietro le quinte anonimo, nonché abbastanza malconcio, è sempre un'emozione, ed il percorso per arrivare al centro di quella meraviglia si conclude con l'immagine di un retro che ha già tanto da dire: la chiesa dell'Immacolata si offre con l'imponenza dei suoi contrafforti che attraggono verso l'alto lo sguardo invitandolo a portarsi presto sul fronte. La facciata di questo tempio sacro non può che confermare le aspettative.  La pietra leccese, luminosa e bianca, incanta, seppur in un giorno grigio; il Barocco è una cosa fantastica, una lingua che mozza il fiato a chi si fa rapire dalle sue volute e dalla sua lussureggiante spavalderia; è un esuberante gioco di chiari e scuri, di luci ed ombre, di pieni e vuoti, di sacro e profano… di Micco e Macco!

Il tempo necessario per ribadire le fondamentali norme del regolamento e per concederci qualche battuta e già, contattato da Micco e Macco, ci raggiunge Graziano Di Bari, presidente della locale Pro-Loco, il quale, per buona parte della permanenza, sarà il nostro Virgilio in un mini tour che ci renderà le più importanti notizie ed informazioni sul luogo.
Si va!
Il Palazzo del Principe, con la sua storia fatta di casati nobiliari, di blasoni e d'immaginifici araldi, è una costruzione che domina l'intera piazza su uno dei due lati lunghi; c'è e non esita a mostrarsi in tutta la sua magniloquente architettura.

Prima i De' Monti da Corigliano d'Otranto, poi gli Orsini del Balzo da Taranto, poi i Protonobilissimo: dimora austera di potenti famiglie, il Palazzo del Principe è davvero un forziere al cui interno si svolgono eventi ed accadono fatti dei quali se ne percepisce ancora l'eco attraverso le pareti.
 
Un vero e proprio museo (Museo del Borgo) che si apre a Micco e Macco narrando loro di antiche e gloriose vestigia messapiche, d'imponenti cinta murarie capolavoro di edilizia e di urbanistica, di un villaggio all'interno di un vero e proprio castrum dominato da un superbo castello del quale, come delle mura, se ne possono vedere le fondamenta attraverso qualche affioramento in superficie opportunamente concesso alla vista di chi entra in questa meraviglia. 

Nelle stanze al piano terra un'ininterrotta successione di visioni che risuonano di un presente e che pare non vogliano consegnarsi al passato; è forte il desiderio di continuare a scoprire il rincorrersi di oggetti di qualsiasi genere: resti di quotidianità, reperti di battaglie, monili e tutto ciò che narra di vite vissute.  In quel dedalo di stanze che s'inseguono e s'intersecano, a catturare l'attenzione due immagini, una simbolo di ricchezza e potenza economica e l'altra emblema di un vigore fisico e di un coraggio esaltati dalle asperità delle guerre: si tratta di una raccolta di monete in argento di diverso conio, il cosiddetto "Tesoretto", e di un elmo ottomano sopravvissuto a rivoli di sangue ed estenuanti battaglie.

Tutto ciò sotto l'egida di un temibile quanto maestoso e rassicurante dragone alato, simbolo araldico fortemente evocativo voluto dalla famiglia Protonobilissimo.

Guadagnare il cortile interno del Palazzo e salire l'imponente scala che porta al piano nobile è praticamente un attimo, lassù è Bellezza… ancor più. Sontuose stanze alternate a magnifici saloni perfettamente restaurati, balconi e terrazzi, viste mozzafiato, porte segrete ed anfratti, monumentali camini, audaci volte. 
Danilo in cerca della sua stanza del peccato, e Serena -vezzosa come non mai- che per qualche minuto si cala nelle vesti della principessa: il tutto senza soluzione di continuità con Micco e Macco eccentrici animatori di una sfavillante ed immaginaria festa in quel luogo senza tempo.

Dallo sfarzo austero del piano nobile al fascino misterioso dei sotterranei; sotto il palazzo insistono ancora gli enormi silos per il deposito dell'olio e le geometriche e bellissime buche attraverso le quali è ancora visibile l'affioramento di una falda acquifera ma, ciò che più cattura le attenzioni di Micco e Macco è l'angusta prigione: uno spazio quasi asfittico sulle cui pareti si conservano intatti i visionari graffiti dal pregnante simbolismo.

Micco e Macco riaffiorano in superficie pienamente soddisfatti ma consapevoli che Chiccèccè è pure una gara che non può essere disattesa. 
A parlarci dei luoghi - infatti- non possono essere soltanto le vestigia che li hanno immortalati lungo i secoli ma anche le persone che ancora ci vivono.

Non possiamo prescindere, però, dalla visita -ancorché breve- al superbo frantoio semi-ipogeo situato appena alle spalle del Palazzo del Principe e custode premuroso di oggetti ed attrezzi che un tempo erano il palpito inarrestabile di quel luogo della produzione: una gigantesca macina, torchi, pile e buche d'ogni fatta ma il pezzo forte è costituito da uno splendido graffito realizzato sui regolari conci che sostengono la volta del frantoio e che raffigura, anche in questo caso con una potente carica immaginifica, la gloriosa battaglia di Lepanto che pose fine alle invasioni dei Turchi. 
 
Anche per questo capolavoro chi ha "raccontato" lo ha fatto in base a ciò che ha visto personalmente, si presume infatti che l'autore abbia direttamente partecipato alla battaglia e che ne abbia voluto tracciare i momenti salienti proprio su queste pietre; singolare, giusto per citare un dettaglio, la macroscopica diversità tra le imbarcazioni raffigurate: sontuose e potenti quelle degli Ottomani, piccole e "sgarrupate" quelle dei Cristiani.

Risaliamo le scale del frantoio. E' gara, finalmente!
"Signora, quant'è bella questa chiesetta! Saprebbe raccontarci qualcosa che la riguarda?". Andrea e Francesca, all'unisono, si rivolgono con occhi imploranti ad una simpatica vecchietta ferma sull'uscio di casa richiamata all'esterno dallo schiamazzo dell'allegra brigata di Chiccèccè . 
"Nah, quiddhra è la chiesa de San Giuseppe. Sta porta l'hannu chiusa e la petra è tutta cunsumata de li becchi de li ceddhri ca depositane l'ove". Vale a dire: "Oh, quella è la chiesa di S. Giuseppe. Questa porta è stata chiusa e la pietra è consumata per opera dei becchi degli uccelli che vi depositano le uova". (1 punto)
In realtà, più che l'accanimento di qualche uccellino, ad erodere in maniera così penetrante la friabile pietra leccese è l'azione degli agenti atmosferici ma… perché deludere Rosina?

Rosina, col suo avvolgente scialle viola ed un inarrestabile eloquio, accoglie Macco con un'affabilità che viene da lontano ed impaziente di raccontarsi e ci fa accomodare subito in casa (5 punti); pochi attimi ed è subito empatia. "Ca ieu tengu na fija ca è dottoressa e ca lu maritu sou è assessore ma cu nui è rimasta l'addhra fija ca nu s'ha spusata e ca menu male ca nc'ete" ("Ho una figlia che è medico ed il cui marito è assessore ma in casa con noi è rimasta l'altra figlia che non si è sposata e meno male che c'è lei").

Fiera di una vita di lavoro e di sacrifici, Rosina ci mostra la sua casa invitandoci ad accomodarci nel salotto occupato in ogni angolo da pregiati mobili e suppellettili ad intarsi lignei realizzati dal marito, lo scoppiettante mesciu Luigi che poi conosceremo. Rosina, un fiume in piena e noi che cerchiamo di spiegarle la nostra idea, il nostro gioco; "Ce siti beddhri, carusi! Ca a mie me piacene ste cose" ("Quanto siete belli, ragazzi! A me piacciono queste cose"). 

Nel mentre, tra una chiacchiera, un racconto di vita vissuta e tante risate, chi narra è attratto da una deliziosa natività in cartapesta orgogliosamente esposta come se fosse ogni giorno Natale!

Ed ecco che, come per incanto, arriva la figlia di Rosina con il caffè (5 punti) e con delle invitanti brioches che valgono altri 5 punti e che, soprattutto, per Macco sono una ricostituente ed inattesa merenda;

Alla compagnia si unisce mesciu Luigi, intarsiatore e memoria storica degli artigiani di Muro, che esibisce fiero i suoi manufatti accompagnandosi a recitazioni a memoria di "cunti" e poesie che intatti si conservano nella sua portentosa memoria, documentata dal video (che ci vale 15 punti).

Salutiamo la famiglia Carluccio riguadagnando il borgo antico alla ricerca di altre persone e fissando ciò che capita sotto i nostri occhi: corti nascoste, stelle di David a sormontare finestre e testimoni silenziose dell'esistenza di vecchie comunità ebraiche, Santi, Madonne e figure d'ogni tipo incastonati nei muri, case cadenti e fiorenti cespugli su vecchi cornicioni. 

Mentre assorti commentiamo questi dettagli, ci attrae  il saluto affettuoso e sorridente della signora Maria Elisa Trinchese (1 punto) che, sulla porta della sua casa che divide, su due piani, col figlio, ci accoglie pur non facendoci entrare. 
 
Maria Elisa si ferma a chiacchierare con noi raccontandoci di questo borgo ormai quasi completamente disabitato ed indicandoci con struggente tristezza tutte le case vuote che circondano la sua, è contenta di scambiare qualche parola e noi siamo felici di averla fatta sorridere.

Poco più avanti, il corpulento ed ombroso Antonio (1 punto) ci nega la visita al suo giardino ed alla sua casa che intravediamo oltre la sua figura ma non esita, anche lui, ad intrattenersi per qualche minuto con noi.

Sarà un po' colpa del tempo incerto e piovoso, o forse della concomitanza della Messa vespertina (che qui da noi è ancora pratica assai diffusa, soprattutto di domenica), ma davvero non è facile trovare qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere. 

Macco non si dà per vinto e continua a girare per le viuzze del centro antico, speranzoso ed ottimista; ed ecco Valentina, giovanissima madre, con la sua figlioletta Benedetta,  sbucare da un portoncino in ferro che introduce su una deliziosa corte privata, ornata di piante d'ogni genere. Neppure Valentina può fermarsi con noi, ma non ci nega qualche parola sulla sua indaffarata vita di mamma e sulla tristezza di un centro storico sempre più vuoto e desolato, ed è subito selfie! (1 punto)

Il tempo scorre, forse nel caso di Chiccèccè sarebbe meglio dire che corre, e basta una sbirciatina all'orologio per rendersi conto che restano poco più di venti minuti all'appuntamento finale con Micco, l'eventuale ritardo attribuisce delle penalità con sottrazione di punti. Occorre sbrigarsi!
Una strana porta che chiude una veranda un tempo interamente scoperta attira la nostra attenzione, uno scampanellìo veloce e per niente timoroso e l'uscio si apre: appare la simpatica e sorridente Carmela (1 punto) che -dapprima esitante ma poi, dopo aver ascoltato una brevissima presentazione di Chiccèccè, rilassata e soddisfatta- c'invita subito ad entrare in casa (altri 5 punti). Ci appare un microcosmo pittoresco ed affascinante.

Ecco Giuseppe, marito di Carmela, che ci rassicura manifestando la soddisfazione d'aver scelto casa sua per una nostra incursione. Quello spazio che un tempo era la veranda scoperta (e che ora è un ambiente fantastico un po' cucina ed un po' ripostiglio, un po' ingresso, un po' bagno ed un po' suk marocchino…) introduce all'abitazione vera e propria attraverso uno spazio comune che immaginiamo essere il tinello/sala da pranzo e da the. 

Un gigantesco televisore al plasma (ché noi levantini, in fondo, siamo gaudenti!) sintonizzato su Tele Padre Pio c'incute subito un sentimento tra l'angoscia e la religiosa riverenza. Padre Pio è ovunque, sotto la specie di qualsiasi icona, a dirci che lì regna incontrastata una fede (fede?) senza se e senza ma.  

Poi una mensolina con tanto di centrino piena all'inverosimile di foto dei defunti cari alla famiglia, e ancora, rosari e crocefissi appesi dappertutto, ninnoli, chincaglierie e soprammobili d'ogni fatta e Giuseppe che continua a parlare; ma, a rompere l'incanto, ecco la fiera Carmela presentarsi con un vassoio ed il limoncello preparato da lei (5 punti). 
 
Carmela non cela l'orgoglio per la sua liquorosa produzione casalinga  e Macco, ovviamente, beve e ringrazia di tanta generosa ospitalità.

Il tempo per i saluti di rito, Giuseppe che si accomoda per un attimo ad un'improbabile consolle per ascoltare un po' di musica, grande passione del figlio di Giuseppe e Carmela, e Macco riguadagna la strada.

Piazza del Popolo, Micco ad attenderci ed una gran voglia di raccontare. Di raccontarci.

Di rito la foto di gruppo delle due squadre e, vista l'ora, un aperitivo a sigillo di un pomeriggio decisamente diverso; ve lo avevamo detto che non vi avremmo deluso, vero? 

Reduce dal secondo posto nella tappa di Soleto, la squadra "Macco" guadagna 45 punti nella tappa di Muro, piazzandosi alle spalle della squadra avversaria "Micco" (la cui gara potete leggere qui). E si prepara alla prossima sfida del "Salento Express". E, ovviamente, #chicceccè!

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